Dedicata alla più grande di tutte, a Cecilia Mangini, pioniera del cinema del reale e prima documentarista italiana e prima ancora grande fotografa l’edizione 2021 dei Nastri Documentari. Cecilia, scomparsa a 93 anni è stata e continuerà ad essere un punto di riferimento per tre generazioni di cineasti. Era nata a Mola di Bari nel 1927, e si era trasferita a Roma con il marito, il regista Lino del Fra, nel 1952, quando iniziò a pubblicare le sue fotografie sulla rivista ‘Cinema Nuovo’, diventando anche un’ìesponente di spicco della critica cinematografica, al tempo di fatto, un po’ come tutto il cinema, un territorio maschile. Sceneggiatrice di alcuni lungometraggi e di più di quaranta corti, in gran parte realizzati insieme a Del Fra, racconta nei suoi documentari l’Italia dalla fine degli anni Cinquanta fino ai primi anni Settanta, puntando l’obiettivo soprattutto sulla realtà e il costume Sud.
Nel 1958 presenta alla Mostra del Cinema di Venezia il primo documentario di cui è stata regista, Ignoti alla città, dedicato a alla vita di chi vive ai margini e scritto con Pier Paolo Pasolini. Sempre con Pasolini ha realizzato La canta delle marane, sui giochi dei ragazzi di periferia intorno ai fossi d’acqua (come si dice a Roma, le ‘marane’), presentato alla Mostra del 1962. Nel 1961 era stato proiettato per la prima volta al Lido nella Sala Volpi affittata e all’Excelsior, il documentario più ‘scandaloso’ filmato per quei tempi: All’armi siam fascisti! realizzato da Cecilia Mangini con Lino Del Fra e Lino Micciché, inedita riflessione visiva sulla storia del fascismo col commento di Franco Fortini.
Nel 1962 a Cecilia Mangini va il Gran Premio Leone di San Marco per i documentari con Fata Morgana, realizzato come molti altri lavori in sodalizio con Lino Del Fra (e Fata Morgana è il nome del treno degli emigranti. che arriva a Milano dal Sud). E’ del 1963 Felice Natale, cronaca in corto di un Natale tipicamente italiano degli anni ’60. Nel 2017 poi Cecilia Mangini torna a Venezia con Lievito madre. Le ragazze del secolo scorso di Concita De Gregorio ed Esmeralda Calabria, dov’è è fra le protagoniste intervistate.
Un particolare rapporto l’ha legata negli ultimi anni alla sede siciliana del Centro Sperimentale di Cinematografia- con la direzione di Costanza Quatriglio- dov’era anche salita in cattedra con il suo coautore Paolo Pisanelli, per una lezione dal titolo “Costruire la memoria – fotografia e documentario” Un’esperienza unica ascoltare i racconti della collaborazione con Pierpaolo Pasolini e Lino Del Fra, firmando film indimenticabili presentati nelle principali capitali internazionali – tra cui Berlino, Parigi, Madrid, Teheran. Paolo Pisanelli, docente di cinema e regista, ha fondato Cinema del reale, tra i più antichi appuntamenti dedicati al documentario in Italia, che si svolge ogni anno nel Salento. Mangini e Pisanelli hanno firmato insieme l’ultimo documentario della regista Due scatole dimenticate finalista ai Nastri 2021, che racconta il viaggio della Mangini in Vietnam nel 1964, quando in occasione di un sopralluogo di un film mai realizzato, la regista pugliese scattò delle fotografie poi andate perdute e ritrovate solo di recente dentro una scatola nascosta in un vecchio armadio.
Nel 2009 aveva ricevuto la Medaglia del presidente della Repubblica, “per aver trasmesso alle generazioni future, attraverso la sua attività di cineasta documentarista, alcune delle più belle immagini dell’Italia degli anni ’50 e ’60”. Ed era tornata alla regia nel 2013 grazie al coinvolgimento della regista Mariangela Barbanente con la quale aveva realizzato il documentario In viaggio con Cecilia, presentato a Roma dove la Mangini era stata festeggiata alla Casa del Cinema proprio dalle giornaliste del Sngci e della Fnsi in una manifestazione che l’8 Marzo 2013 aveva siglato il mondo del cinema visto dalle donne impegnate nel cinema del reale con una sigla ,8D e un premio consegnato nell’allegria con molta emozione, nonostante la sua proverbiale allergia alle celebrazioni, dedicato alla sua coerenza e al suo indomito spirito battagliero che resta come una lezione di coraggio e di cinema militante.
Addio, Cecilia, come dimenticare?